All’interno della
società patriarcale, il ruolo della donna è ridotto a mero oggetto sessuale per
il genere maschile. Le donne vengono quotidianamente stuprate, picchiate, la
loro sessualità degradata e perfino uccise nei film snuff.
Anche le allusioni sessuali presenti nei film, nelle
trasmissioni televisive, nei libri non fanno altro che rinforzare un' idea deviata della donna.
Il modo stesso in cui il sesso viene rappresentato appare spogliato di ogni erotismo e sensualità.
I film pornografici, di
cui si ‘nutrono’ milioni di persone, anche in giovane età, sono legati
più alla violenza e alla coercizione dominatrice del maschio che al reciproco
scambiarsi piacere tra i sessi.
Il sentire e il piacere
femminile non viene esaltato e ricercato; la sessualità femminile è vista in
funzione solo del piacere e godimento maschile.
In siffatti contesti l’erotismo femminile appare sottomesso, degradato, non soddisfatto e
misconosciuto. Le immagini, i film e
tutta la pornografia attuale esprime disprezzo per il femminile e in alcuni
casi vere e proprie forme di odio.
Manca la scoperta dell’eros al femminile, di cosa fa piacere a
una donna, di cosa fa godere una donna al dì là dei filtri imposti dalla
cultura patriarcale.
Gli stessi genitali femminili invece
di essere considerati sacri sono ritenuti osceni. Per fortuna, non è sempre stato così.
Nel Sud della Francia
sono state rinvenute immagini della sacra vulva. Queste testimonianze
artistiche si trovano nelle grotte sacre nei pressi di Les Eyzies, in Dordogna,
e risalgono a 30.000 anni fa.
Questo tipo di rappresentazioni dei genitali
femminili non ha nulla a che vedere con la pornografia (letteralmente
«rappresentazioni di prostitute») ma erano associate al divino femminile presso società antiche.
La grotta era considerata
il simbolo del ventre della Grande Madre. L’entrata della grotta era la porta
sacra o apertura vaginale. Attraverso l’entrata sacra si accedeva al corpo
della dea. Per queste popolazioni antiche, la vulva rappresentava la soglia, l’entrata
alla vita, il distacco dalla morte.
La sacra vulva fu il
primo simbolo religioso ovunque. La
prima traccia di sacro fu appunto la Yoni
ovvero i genitali femminili. Il culto della Yoni appare centrale ancora prima che si affermi
il culto della fertilità maschile e del fallo. Anche il fallo maschile, o
lingam, nell’antichità era oggetto di venerazione. Tuttavia le immagini della
sacra vagina sono anteriori rispetto a quelle del fallo.
I predecessori del
Neolitico veneravano il principio creativo femminile. Numerose sculture, come
le figurine di Venere o della Dea, avevano vulve fortemente accentuate.
Particolare
dal cosiddetto "vaso di Ishtar"; la Dea viene raffigurata
con indosso il cerimoniale copricapo della Somma Sacerdotessa e col pube
prominente.
Terracotta
con decorazione dipinta e incisa, conservata al museo del Louvre.
Altre tracce del culto
della Yoni sono state pervenute in una regione settentrionale della
ex-Jugoslavia. Presso la comunità neolitica di Lepenski Vir furono ritrovate
cinquantaquattro sculture in arenaria rossa, intagliate in massi ovali
collocati attorno ad altari a forma di vulva e di utero, in santuari che avevano
anch’essi la forma del “triangolo pubico”.
Alcune di queste sculture, che risalgono a oltre 8.000 anni fa, presentano incise il volto della Dea e decorazioni a forma di V, che indicano la vagina sacra. Altre tracce sono state rinvenute in Bulgaria e in Romania ed in molte altre parti del mondo.
Nell’antica tradizione
religiosa indiana, il triangolo pubico femminile era considerato il centro dell’energia divina. Nello yoga
tantrico è associato alla kundalini, l’insieme delle energie inconsce che, se
risvegliate, invadono tutto il corpo attraverso uno stato di beatitudine
estatica.
In molti insegnamenti mistici
induisti è presente l’unione sacra tra il principio maschile e il principio
femminile.
Gli insegnamenti
induisti tantrici veneravano la sessualità femminile quale principio energetico
dell’universo.
In particolare lo yoga
tantrico, emerso nella metà dell’Undicesimo secolo, “Veniva dalla caste al fondo della piramide sociale in
India[1]” in
cui i conquistatori indoeuropei relegarono la più antica popolazione indiana
dedita al culto della Dea.
Il tantrismo si
allontanava dagli aspetti ariani degli insegnamenti vedici secondo
cui il fine ultimo dell’esistenza è la trascendenza di questo regno terrestre.
Lo yoga tantrico introdusse infatti un insieme di strumenti (miti e riti) che fino a
quel momento erano stati esclusi dal repertorio spirituale dell’induismo, in
particolare il culto della dea e la
sessualità:
Gli
adepti tantrici reclamavano per il processo spirituale tutti quegli aspetti
dell’esistenza che le tradizioni principali escludevano: la sessualità, il
corpo e l’universo fisico in genere.
E vi pervennero, per
riprendere il linguaggio junghiano: “Ristabilendo l’anima, il principio
femminile”.
Gli insegnamenti e le
pratiche mistiche tantriche riportarono la sessualità, il corpo umano e perfino
la dea al loro posto centrale sia nel mito che nel rituale.
Tuttavia, sebbene il
tantrismo insegnasse la centralità del divino femminile, la pratica è comunque
più incentrata sul maschio.
Negli scritti tantrici,
stilati quasi tutti da uomini, l’energia sessuale femminile è raccontata dal
punto di vista maschile, con la donna che svolge un ruolo strumentale, e in
questo senso secondario, nell’illuminazione spirituale
che il maschio raggiunge attraverso il sesso.
E’ comunque l’energia femminile o
della dea a illuminare i cuori, le menti e le anime di donne e uomini.
Queste
contraddizioni, all'interno delle stessa dottrine, sono frutto di sovrapposizioni tra culture a favore della
donna e culture che accentuano invece lo squilibrio tra i sessi.
Quando l’equilibrio tra
femminile e maschile si perde, viene meno anche l’equilibrio in tutti gli
aspetti della nostra esistenza personale, spirituale e sociale..
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[1] Feuerstein G., Yoga: The technology
of Ecstasy
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